La donna dei primi tempi - di Ruyard Kipling da "Racconti che fanno le fusa" di Julia Deuley
Quando la donna dei primi tempi ebbe costruito la sua prima dimora, una capanna rudimentale, ma che la proteggeva dal freddo e dalle intemperie, quando ebbe costruito il suo primo focolare e fu messa a cuocere la sua prima minestra di brodo, un giovane gatto, attratto dal calore e allettato dai profumi appetitosi, venne a grattare alla sua porta.
"Chi sei e cosa speri di ottenere?" chiese la donna, tutta indaffarata ai fornelli.
"Sono un gatto e vorrei approfittare della tua ospitalità."
"Non se ne parla nemmeno" disse la donna dei primi tempi. "Qui non c'è posto per te e nemmeno del cibo in più! Vattene, bestia immonda, e non tornare, se non vuoi che ti tiri il collo!"
Il gatto se ne andò, ma si stabilì con discrezione nei paraggi.
La notte seguente, sentì delle urla che provenivano dalla capanna. Attraverso una fessura, vide la donna appollaiata su uno sgabello. I tratti del suo viso erano deformati dalle smorfie di terrore e non riusciva a smettere di gridare. Sul pavimento un minuscolo sorcio curiosava e scodinzolava qua e là.
"Aiuto!" urlava a perdifiato la donna. "Come posso sbarazzarmi di questo mostro? E poi, se rientra il mio uomo, mi troverà sporca e spettinata. Mi ripudierà,"
"O donna" disse il gatto "se io ti restituisco la tua bellezza, mi lascerai dormire sotto il tuo tetto?"
"Promesso" gemette "ma non vedo come..."
Il gatto balzò dentro la capanna e divorò il sorcio.
La donna dei primi tempi ridivenne bella e dovette mantenere la parola data.
Passarono i giorni e le settimane e l'uomo non tornava. La donna languiva e si annoiava. Impallidiva sempre più a causa della sua tristezza e faceva pena.
"O donna" le disse il gatto "se ti restituisco la gioia, mi lascerai mangiare una parte del tuo cibo?"
"Promesso" accettò la donna scuotendo malinconicamente la testa. "ma non vedo proprio come..."
Il gatto allora acchiappò una pagliuzza e si mise a giocare come un matto, facendo mille stramberie e capriole divertenti. Alla fine, la donna scoppiò a ridere. Avendo ritrovato la serenità, dovette mantenere la parola data. Tutte le mattine, il gatto ricevette una ciotola colma di buon cibo vicino al fuoco.
Alcune settimane dopo, la donna venne a sapere che il suo uomo se ne era andato per raggiungere una giovane di un villaggio lontano. Fu presa allora da una furia selvaggia. Ne seguì un lungo periodo di collera che, a poco a poco, si trasformò in un carattere litigioso e insopportabile. Un giorno il gatto le disse: "O donna, se ti restituisco la tua umanità, mi concederai l'amicizia?"
"Promesso. Ma non contarci molto. Mi stupirei se ci riuscissi..."
Il gatto attese la mezzanotte, poi uscendo dalla capanna cominciò a miagolare in modo straziante, da stringere il cuore. Svegliata di soprassalto, la donna dei primi tempi ritrovò la sua pietà e la capacità di commuoversi.
"Chi è mai quella povera creature abbandonata che piange tutta sola nel cuore della notte?"
Vedendo che si trattava del gatto, la donna dovette ammettere che le aveva restituito la sua umanità perduta.
Molti anni dopo, quando la donna fu preda delle miserie e delle fatiche della vecchiaia, si mise a temere la morte al punto che una pressante angoscia la teneva prigioniera e le rovinava gli ultimi bei momenti della sua vita.
"O donna" disse allora il gatto "se ti restituirò la tua serenità, mi prometti di ridarmi la libertà?"
"E sia, amico mio. Ma questa volta, temo proprio che sia veramente impossibile..."
Il gatto cominciò a fare le fusa: ron ron. E la donna dei primi tempi, rilassata e serena, provò una pienezza sconosciuta.
Ovviamente, dovette mantenere la parola data.
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