mercoledì 14 novembre 2012

Pro Ligario - Marco Tullio Cicerone


Per i classici fare una recensione decente è difficile. Dire qualcosa che non è stato ancora detto è difficile, d'altro canto  se devo essere superficiale, tanto vale che non scriva. Così vi propongo la mia relazione sulla Pro Ligario, per dire tutto quello bisogna dire... Per correttezza vi dirò che non è tutta farina del mio sacco, 50 e 50 con una mia amica.
“Homines enim ad deos nulla re propius accedunt quam salutem hominibus dando.”[1]
Un esempio di oratoria salvifica
La “Pro Ligario” è un’ orazione di difesa composta da Marco Tullio Cicerone nel novembre del 46 per il processo di Quinto Ligario. La causa vedeva alla difesa Cicerone e all’accusa Quinto Elio Tuberone. Al posto dei comizi centuriati o del tribunale permanente, come giudice, vediamo Gaio Giulio Cesare, appena diventato dittatore e quindi con poteri plenari, compreso quello giudiziario, che acconsentì allo svolgimento del processo nonostante non fosse consentito per accuse di tal genere (Tuberone, accusando Ligario di alto tradimento, ne chiedeva infatti la pena di morte) essendo assente l’imputato, esiliato in Africa.
Finora abbiamo trattato della causa per la quale si svolse quest’orazione, ma che cos’è un’orazione?
“Oratoris officium est de iis rebus posse dicere quae res ad usum civilem moribus et legibus constitutae sunt, cum adsensione auditorum quoad eius fieri poterit.”[2]
L’oratoria a Roma arrivò dalla Grecia, con l’apertura di scuole di retorica, e si sviluppò come strumento di confronto politico e fu, in un primo tempo, strettamente legata ai discorsi tenuti in senato o durante i cortei funebri. Con le istituzioni dei tribunali permanenti nel II secolo a.C. si sviluppò l’oratoria giudiziaria. L’oratoria fondava la base della formazione del giovane cittadino romano che doveva essere ispirato ad un conservatorismo politico umanizzato e non freddamente impersonale. Successivamente l’oratoria divenne un fenomeno letterario e possiamo enumerare svariate pubblicazioni oltre che manuali di retorica, in cui vengono approfonditi i generi delle cause giudiziarie, i modi in cui trattarli, gli stili da usare, le maniere per accattivarsi il pubblico e le cinque operazioni fondamentali della tecnica retorica.
Queste sono: inventio, dispositio, elocutio, memoria e actio.
Per inventio si intende il reperimento degli argomenti su cui si basa il discorso, mentre la dispositivo è la collocazione di questi argomenti secondo un preciso ordine. L’elocutio è l’elaborazione formale e stilistica del discorso, invece le tecniche di apprendimento mnemonico sono chiamate memoria, infine l’actio consiste nella messa in scena del discorso da parte dell’oratore, con l’ausilio della gestualità e della adeguata dizione.
Un’ orazione, per essere chiamata tale, deve poter essere divisa in: exordium, narratio, argumentatio (costituito da confirmatio e confutatio) e peroratio.
“Novum crimen, Gai Caesar, et ante hanc diem non auditum propinquus meus ad te Quintus Tubero detulit, Quintum Ligarium in Africa fuisse ” [3]
E’ questo l’ exordium della “Pro Ligario”, cioè la parte introduttiva in cui l’oratore si preoccupa di suscitare l’attenzione dell’uditorio. L’exordium presenta un’ alta componente psicologica ed è la parte più delicata del discorso. Gli exordia possono essere di due tipi: diretto o indiretto. L’exordium diretto “si ha quando ci rendiamo immediatamente propizio all’ascolto l’animo dell’uditorio”[4] mentre quello indiretto si ha quando si parla brevemente dell’argomento trattatocercando di rendere il pubblico propizio mediante la dissimulazione degli intenti. In alcune cause gli oratori possono decidere di non avvalersi dell’exordium e in sua vece citare una legge
favorevole. Bisogna che  l’oratore curi in maniera particolare l’esordio perché sbagliandolo diviene inefficace se non controproducente. E’ necessario che l’exordium sia scelto in base alla tipologia della causa da trattare, che può essere honestus, turpe, dubium e humile.[5]
Una causa si definisce onorevole “cum aut defendimus quod ad omnibus defendendum videtur, aut oppugnabimus quod ad omnibus videtur oppugnari debere.”[6] mentre si definisce turpe “cum aut honesta res oppugnatur aut defenditur turpis.”[7]. E’ incerta una causa “cum habet in se causa et honestatis et turpitudinis partem”[8] invece è umile “cum comtrempta res adfertur.”[9]
Il processo a Ligario è una causa considerata turpe e per questo vediamo che Cicerone usa un exordium indiretto e pone l’accento sull’accusatore che non solo presenta in tribunale un’accusa nuova e mai sentita, ma lui stesso se ne è macchiato.
Gli argomenti dell’ esordio possono essere quattro: l’avversario, come fa Cicerone, l’oratore, gli ascoltatori oppure i fatti.
L’oratore partendo dall’avversario dovrebbe attirare su di lui odio, disprezzo e invidia, mentre dovrebbe lodare le proprie azioni senza arroganza e ricordare la passata condotta per ottenere la benevolenza dell’uditorio. Se invece cominciasse dagli ascoltatori dovrebbe rimarcarne saggezza e nobiltà, se dai fatti dovrebbe lodare la propria causa gettando discredito su quella dell’avversario. 
“Quintus enim Ligarius, cum esset nulla belli suspicio, legatus in Africam C. Considium profectus est… Bellum subito exarsit quod qui erant in Africa ante audierunt geri quam parari… Interim P.Attiu Varus qui praetor Africam obtinuerat, Uticam venit… adripuit imperium… Itaque Ligarius qui omne tale negotium fugeret, paulum adeventu Vari conquievit .”[10]
Questi sono brevi estratti della narratio, che consiste in una breve esposizione di fatti e antefatti, dove vediamo ripercorsi i passi di Ligario in Africa, che inviato lì come luogotenente di Considio, alla morte di questo, ne viene messo a capo per volere delle province, lui che non desiderava questo incarico. Infatti, all’arrivo del pretore Varo, gli cede il comando, riuscendo ad ottenere un po’ di tranquillità.
A questo punto Cicerone passa all’argumentatio.
“ Adhuc, Gai Caesar, Quintus Ligarius omni cupla vacat… profectio voluntatem habuit non turpem, remansio necessitatem etiam honestam…quod post adventum Vari in Africa restitit, si est criminosum, necessitatis crimen est, non voluntatis…Vide quam non reformidem, quanta lux liberalitatis et sapientiae tuae mihi apud te dicenti oboriatur…”[11]
L’argomentatio è la dimostrazione della propria tesi (confirmatio) e la successiva demolizione della tesi avversaria (confutatio).

Nei passi riportati vediamo la confirmatio, nella quale Cicerone afferma che la colpa di Ligario è involontaria. Sarebbe infatti partito per necessità e per altrettanta necessità sarebbe stato messo a capo dell’Africa e sarebbe rimasto dopo l’arrivo di Varo. Ligario infatti avrebbe preferito tornare a Roma dalla sua famiglia invece di rimanere da solo a Utica, non è mai stato ostile a Cesare ma si è trovato per necessità nello schieramento opposto.

Cicerone fa anche leva sulla generosità e sulla humanitas di Cesare, al quale rivolge una degna captatio benevolentiae.
“Nempe is qui et ipse in eadem provincia esse voluit et prohibitum se a Ligario queritur, et certe contra ipsum Casarem est congressus armatus. Quid enim tuus ille, Tubero, destrictus in acie Pharsalica gladius agebat?...Arguis fatentem. …accusas eum qui causam habet aut (…) meliorem quam tu, aut (…) parem. …non habet eam vim ista accusatio ut Quintus Ligarius condemnetur, sed ut necetur…  externi sunt isti mores…Non tu hunc ergo patria privare, quo caret, sed vita vis…<<Cave ignoscas!>>Haec nec hominis nec ad hominem vox est; qua qui apud te, Gai Caesar, utetur, sua citius abiciet humanitatem quam extorquebit tuam.”[12]

La confutatio copre un maggior numero di capitoli della confirmatio per la tipologia del processo , che è turpe e non può trovare molti argomenti a favore. Di conseguenza l’oratore si dedica a demolire davanti al giudice la figura e le parole dell’accusatore.
Tuberone accusa Ligario per vendetta, quello infatti gli impedì lo sbarco in Africa, e Cicerone rimarca su questo fatto mettendo in risalto l’appartenenza dell’accusatore alla stessa fazione dell’accusato. Tuberone, pompeiano, ha combattuto contro Cesare a Farsalo e successivamente ha ottenuto il perdono del dittatore. Cicerone, retoricamente, si chiede come Tuberone possa accusare qualcun altro del suo stesso crimine dopo essere stato salvato. Cicerone afferma quindi che l’accusatore non vuole una giusta punizione, ma la morte di Ligario e quindi esorta Cesare a non ascoltare Tuberone in quanto le sue parole sarebbero bestiali e non degne di un essere umano.
“An potest quisquam dubitare quin, si Quintus Ligarius in Italia esse potuisset, in eadem sententiam futurus fuerit in qua fratres fuerunt?... Sed ierit ad bellum, dissenserit non a te solum, verum etiam a frati bus; hi te orant tui. ...tantum te admonebo, si illi absenti salutem dederis, praesentibus te his daturum.”[13]
L’ultima parte di un’orazione è la peroratio, cioè il riepilogo dei fatti e dei principali argomenti a favore della propria tesi. In questa peroratio vediamo l’uso da parte di Cicerone della deprecatio,
cioè una tecnica che “utemur cum fatebimur nos peccasse, neque id inprudentes aut fortuito aut necessario fecisse dicemus, et tamen ignosci nobis postulabimus.”[14]. L’uso di questa tecnica è dovuto alla natura della causa, che essendo turpe e riconosciuta, non può trovare giustificazioni.
Inoltre l’oratore pone l’accento sulla humanitas del giudice e sugli affetti dell’esiliato e dei suoi fratelli che preferirebbero essere in esilio con lui, piuttosto che a Roma da soli. Cicerone ribadisce quindi che il giudice non deciderà solamente del destino di Quinto Ligario, ma di quello di tutti i tre fratelli.
CONCLUSIONE: Cesare che inizialmente aveva concesso il ritorno in patria di Ligario, alla accusa di Tuberone è già deciso per la condanna a morte. L’orazione di Cicerone però riesce a tentarlo e alla fine Cesare grazierà Ligario.
La sua decisione gli si ritorcerà contro: Ligario sarà uno dei congiurati che alle Idi di marzo del 44  accoltellerà Cesare all’entrata del senato.
Le orazioni cesariane: PRO LIGARIO e PRO MARCELLO  a confronto
Le orazioni cosiddette “cesariane” sono tre: “Pro Marcello”, “Pro Ligario” e “Pro rege Deiotaro”.
La “Pro Marcello” in realtà non è un’orazione difensiva ma una gratiarum actio, cioè un’ orazione di ringraziamento per Cesare, che ha perdonato pubblicamente il suo antico avversario e gli ha concesso il ritorno in patria.[15]. Marcello era un esponente della nobiltà senatoria e uno dei più forti oppositori di Cesare, anche prima dello scoppio della guerra civile. Dopo la battaglia di Farsalo, Marcello si ritirò in esilio volontario a Mitilene, sdegnandosi di chiedere il perdono di Cesare e fu solo su insistenza di Cicerone, vecchio amico e compagno di studi, e del fratello Gaio, che si risolse a chiedere il ritorno a Roma. Cesare che vedeva in Marcello un punto di riferimento per i pompeiani attivi e un nuovo Catone, non volendo renderlo un martire, gli concesse la grazia.
L’orazione di Cicerone è una lode a Cesare, di cui viene esaltata la clementia, la mansuetudo, il modus, la sapientia, la iustitia, la lenitas e l’aequitas, la liberalitas e la misericordia. Queste virtù non devono essere circoscritte alla vita politica, ma estese anche alla vita civile, e devono essere possedute da colui che ha responsabilità politiche. Cesare è considerato da Cicerone una persona eccezionale, quasi divina, perché le possiede entrambe ed è quindi il solo a poter ricostruire la res publica. Cesare infatti concedendo il perdono a Marcello non gli permette solo di ritornare in patria, ma lo reintegra nei suoi diritti civili e politici, restituendo anche l’auctoritas al senato. L’idea di res publica di Cicerone era di uno stato come bene comune a cui tutti assoggettassero l’interesse individuale e quindi si illude che Cesare possa portare una condizione dove dittatore e senato collaborino. Quest’ultima convinzione viene alimentata dalla clementia del giudice, che non si impone sui vinti, ma ricerca la pace, smentendo la condizione stessa della guerra.
L’oratore infatti privilegia la gloria civile a quella militare e in questa orazione tenta di suggerire a Cesare come comportarsi. Il comportamento di Cicerone, che molti considerano ipocrita, può essere interpretato anche come un abbandonarsi alla gioia per il vedere il proprio ideale di stato sul punto di realizzarsi. Quella di Cicerone è però soltanto un’ illusione, perché è vero che Cesare restituisce auctoritas al senato, ma nello stesso tempo vi inserisce i suoi fedelissimi, togliendo quindi potere effettivo.
Nella “Pro Ligario” vediamo invece un minor entusiasmo di Cicerone, dovuto al fatto che egli vede che la sua influenza su Cesare non è grande come aveva ritenuto. Infatti se Cesare in un primo momento aveva accettato la richiesta del rientro in patria di Ligario, dopo l’accusa di Tuberone, è indisposto nei confronti dell’esiliato. Avendo accettato la causa di Tuberone, il dittatore ha respinto la tesi di Cicerone dell’ error humanus, secondo la quale le fazioni di cesariani e pompeiani erano sullo stesso piano, entrambe volevano il bene dello Stato, e Cesare avrebbe vinto grazie all’aiuto divino che pervadeva la sua causa, quindi i seguaci di Pompeo si sarebbero uniti a lui per un errore dovuto alla natura fallibile dell’uomo. L’oratore quindi rimarca questa tesi, oltre a quella dello stato come bene comune a cui bisogna sottomettere i propri interessi e nel farlo usa Ligario come paradigma; egli infatti è andato in Africa sotto ordine del senato e lì è rimasto, nonostante volesseritornare in patria, per attaccamento al suo officium[16]. Solo in seguito Ligario sarebbe passato nella fazione dei pompeiani a causa di quell’ error compiuto da tutti i compagni.

Il novum crimen [17].di Ligario non è nuovo in sé stesso, ma è un termine ironico che Cicerone usa per mostrare la novità di un processo legale assoggettato ad una giustizia non imparziale.
“Si in tanta tua fortuna lenitas tanta non esset, quam tu per te, per te, inquam, obtines…acerbissimo luctu redendaret ista victoria.”[18].

Bibliografia:
-       “Le orazioni”, Cicerone, Utet ,1978, volume IV
-       “Institutio oratoria” , Quintiliano, Utet, 1978
-       “Rhetorica ad Herennium”, Harvard University Press, 1954, London
-       “Orator”, Cicerone
-       “Le belles lettres”, Paris
-       “Orazioni cesariane”, Marco Tullio Cicerone, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1997
-       “Novae voces – Cicerone” , Marino Menghi, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2007
-       “Esperienze di traduzione” , Melloni-Giardina, Zanichelli, 2006





[1] “Gli uomini infatti non sono più vicini agli dei in nessuna altra azione che concedendo la salvezza ad altri uomini.” Pro Lig., XII, 23.
[2] “Il dovere di un oratore è di discutere abilmente riguardo agli argomenti che le usanze e le leggi costituito per l’uso civile, per assicurarsi il più possibile l’assenso del suo uditorio.”
Rhetorica ad Herennium, I.I, I-II
[3] “O Cesare, Quinto Tuberone, mio parente, ha sporto contro di te un nuova accusa mai udita prima di questo giorno, che Quinto Ligario è stato in Africa…”
Pro Lig., I, 1.
[4] Rhetorica ad Herennium I, 6 
[5] Onorevole, turpe, incerta e umile.
[6] “…quando difendiamo ciò che a tutti sembra essere degno di difesa, o quando accusiamo ciò che a tutti pare doversi accusare.”  Rhetorica ad Herennium I, 7-11
[7] “…quando un’azione onorevole viene accusata o una disonorevole viene difesa” Rhetorica ad Herennium I, 7-11
[8] “…quando è parte onorevole, parte turpe”  Rhetorica ad Herennium I, 7-11
[9] “…quando la materia di cui si tratta è considerata di poca importanza” Rhetorica ad Herennium I, 7-11
[10] “ Infatti Quinto Ligario non essendoci alcun sospetto di guerra fu mandato in Africa come luogotenente di Gaio Considio…. La guerra divampò all’improvviso e coloro che si trovavano in Africa udirono i combattimenti prima che i preparativi… Intanto Publio A. Varo che aveva ottenuto l’Africa come pretore giunse ad Utica… afferrò il potere… Perciò Ligario che fuggiva da ogni situazione tale, con l’arrivo di Varo ottenne un po’ di tranquillità.”
Pro Ligario, II, 2-3
[11] “Fino ad ora, o Gaio Cesare, Quinto Ligario è esente da ogni colpa…la partenza ha avuto una volontà non offensiva, il suo essere rimasto una necessità addirittura onorevole…per il fatto che è rimasto in Africa dopo l’arrivo di Varo, se è degno di imputazione, si tratta di una imputazione dettata dalla necessità e non dalla volontà… Vedi come io non abbia paura, quanto sia grande la luce della tua generosità e saggezza che sorge in me mentre parlo davanti a te.”
Pro Ligario III, 4-6
[12] “Appunto colui che anche lui volle essere nella stessa provincia e si lamenta di essere stato tenuto lontano da Ligario e certamente si è scontrato in armi contro lo stesso Cesare. Che cosa infatti, o Tuberone, faceva quella tua spada sguainata nella battaglia a Farsalo…. Tu accusi un reo confesso…. Accusi colui che ha una causa o migliore della tua(…)o(…) uguale… questa accusa non ha una forza tale da far condannare Ligario, ma da farlo uccidere…questi costumi sono forestieri…non vuoi privare costui della patria, della quale è privo, ma della vita….<<Guardati dal perdonare!>> Ma questa parola né è di un uomo né per un uomo; ma colui che impiegherà questa parola presso di te, o Cesare, distruggerà la sua humanitas prima di queando eliminerà la tua.” Pro Ligario  IV, 9,16
[13] “Forse che qualcuno potrebbe dubitare che se Quinto Ligario avesse potuto rimanere in Italia, sarebbe stato dello stesso parere del quale furono i fratelli? … Ma ammettiamo pure che egli sia andato alla guerra, che abbia dissentito non solo da te ma anche dai fratelli; questi ti pregano. … ti ricorderò soltanto che se darai la salvezza a quello assente la concederai anche a questi presenti.” Pro Ligario XII; 34-38
[14] Usiamo la deprecatio quando confessiamo il crimine e diciamo che abbiamo fatto ciò sconsideratamente non in modo casuale né necessario, e poi chiediamo che ci sia perdonato. Rhetorica ad Herennium, II, XVI-XVII
[15] In realtà Marcello non rientrerà mai a Roma , ma sarà misteriosamente assassinato sulla via del ritorno.
[16] An ille si potuisset illinc ullo modo evadere, Uticae quam Romae, cum Publius Attio quam cum concordissimis fratribus, cum alienis esse quam cum suis maluisset?  “ E se quello avesse potuto evadere da lì in alcun modo, avrebbe preferito a Utica piuttosto che Roma, avrebbe preferito con Publio Azzio piuttosto che con i fratelli molto concordi, avrebbe preferito essere con altri piuttosto che con i suoi?” Pro Ligario, II, 5
[17] Usando la parola crimen e avvalendosi della tecnica della deprecatio Cicerone pone le azioni di Ligario sotto una luce negativa, senza che esse lo siano realmente, ma in  base ad una giustizia di parte.
[18] “Se nella tua tanta fortuna non ci fosse tanta mitezza, che tu conservi grazie a te, grazie a te dico… questa vittoria sarebbe piena di un durissimo dolore.” Pro Ligario V, 15

Film: Biancaneve e il cacciatore


"Biancaneve e il cacciatore" 2012
Regia di: Rupert Sanders
Con Kristen Stewart (Biancaneve), Chris Hemsworth (il cacciatore) e Charlize Theron (la regina cattiva).

Ero molto indecisa su come iniziare questa parte del blog, volevo iniziare con un film che mi fosse piaciuto veramente, ma a quanto pare la mia vena polemica esce fuori sempre. Ho visto al cinema questo film, se possiamo dargli questo appellativo. In sala quattro gatti e già questo doveva farmi capire che era meglio infilarsi da Spiderman, ma ormai avevo comprato il biglietto.
Tipico inizi da fiaba: la regina ha una bambina, la regina muore, il re è devastato.
1º battaglia epica contro cavalieri sconosciuti, troviamo una bellissima donna prigoniera, liberata dal re. La donna il giorno seguente sposa il re, ammaliato dalla sua bellezza, e la prima notte di nozze lo pugnala raccontando parte della sua storia personale che ci fa presupporre un' ampia caratterizzazzione dei personaggi. ( Supposizione sbagliata )
Bianca cara è rinchiusa in una torre per almeno una decina d' anni (passati tutti senza doccia a giudicare le condizioni in cui la troviamo il giorno del suo diciottesimo compleanno quando la regina scopre che toccando il suo cuore sarà giovane per sempre.)
Bianca scappa con l' ausilio di un chiodo che per dieci anni era stato lì, indisturbato.
E per la prima volta in dieci anni riesce a farsi una doccia (dentro una cascata, ma sempre una doccia è). Peccato che dopo dieci secondi netti finisca in una pozza di fango. Peccato. Nella fuga si addentra nella foresta oscura dove , non sappiamo per quali arcani motivi, i poteri della regia non funzionano. Così entra in gioco Thor (mi dipiace ma in due ore di film lo hanno chiamato solo "cacciatore", sono dovuta andare su wiki per scoprire che il personaggio si chiama Eric. E io per ripicca lo chiamo Thor), un vedovo uriacone il cui unico desiderio è riavere la moglie. Ingannato dalla regina, alla fine decide di andarsene con Bianca.
All' intervallo già stavo pensando di organizzare una colletta tra i quattro spettatori in sala per comprare al regista e allo sceneggiatore almeno sette nanetti da giardino in ceramica, ma poi mi sono dovuta ricredere. I nani ci sono, anche se secondo me sono perfettamente inutili.
A un certo punto ritroviamo anche l'amico d' infanzia di Bianca, William, che sembra sia essere l'unico con un nome normale. (la regina si chiama Ravenna. Ci manca solo che abbia una sorella Riccione e l'altra Rimini e poi abbiamo fatto la riviera!)
Bianca la pura e candida sta andando a porsi a capo della resistenza quando si fermano in una innevata radura. Qui Bianca e Will rivivono i vecchi tempi e vediamo la palese attrazione tra i due quando lei lo bacia (e tu pensi : ma scusa, e il cacciatore? Non che mi stia simpatico, ma ...). Lui come ai vecchi tempi le porge una mela. (e qui ti sorge una domanda: capisco che siamo nelle favole ma lui a dicembre senza una serra a portata di mano, da dove l' ha tirata fuori una mela?) Lei la mangia e soffoca perchè... la matrigna ha deciso che era già vecchia abbastanza e ha cambiato travestimento. Thor si alza e non vedendo più Bianca va a cercarla con il vero Will.Insieme riescono a scacciare la regina prima che pugnali Bianca ma lei è già morta avvelenata e a nulla serve il bacio di Will.
Nelle rimembranze di Thor sulla moglie defunta che tanto assomigli a Bianca ci scappa u bacio e lei, tanto pura ed innocente (su questo si bsa l'incantesimo della regina) da aver già ucciso almeno sette persone, si pone a capo dell' esercito e marcia sul castello.
Ora io non vorrei cercare sempre il pelo nell' uovo o fare la romantica stucchevole, ma tutto il risveglio della principessa è basato sul vero amore in teoria. Dov'è il vero amore tra due di cui una fino a tre secondi prima di morire stava baciando un altro e uno che la bacia, e salva, solo perchè gli ricorda la moglie? E che ne è del "si sposarono e vissero tutti felici e contenti"?
Una cosa l'ho capita uscendo dal multisala: era meglio se andavo a vedere Spiderman.

Rinnovamento...

Pagine bruciate non può rimanere solo un blog letterario. Non può per il semplice fatto che limitarmi a scrivere di libri è appunto questo: limitare. Pagine bruciate rimane, ma non tratterà solo di libri.
I libri rimarranno certo l' argomento principale, ma non sarà l'unico. Cinema, musica, attualità, programmi tv, qualunque cosa... Spero vi piaccia! Buona lettura!

P.S.
i primi post sui film vengono dal mio secondo blog "Pellicole abbandonate" che sto per chiudere.