"Immortals" (2011)
Regia di: Tarsem Singh Dhandwar
Con Henry Cavill (Teseo), Mickey Rourke (Re Iperione), Freida Pinto (Fedra).
Da brava classicista quale sono non posso che rimanere a bocca aperta dopo aver visto un film del genere. Ma NO! Ma cosa?! Ma siamo impazziti?!
Partiamo dalla trama, altrimenti se non avete visto il film, non riuscirete a capire:
"Gli dei rinchiudono i titani nel monte Tartaro. Iperione, re di Iraklion, nel 1228 a.C. dopo aver pregato che gli dei salvino la sua famiglia (cosa che non accade) decide di vendicarsi cercando l'arco di Epiro, un magico arco che sarebbe in grado di liberare i titani dalla loro prigionia. La sibilla è l'unica a conoscere dove sia situato questo fantastico arco e Iperione le dà la caccia. Nel frattempo però Teseo, un contadino bastardo figlio di uno stupro, dopo aver visto la madre assassinata da Iperione, viene preso prigioniero da quest'ultimo. Riuscirà a scappare con l'aiuto della sibilla, Fedra, dalla quale avrà poi un figlio. Teseo trova l'arco, ma gli viene sottratto da Iperione. Intanto sull'Olimpo, Zeus ordina agli dei di non intervenire nella guerra, pena la morte. Teseo cerca di fermare Iperione, ma questi riesce a liberare i titani. Ecco che gli dei, Zeus, Atena, Poseidone, Eracle e Apollo (Ares era già stato ucciso per essere intervenuto a favore degli umani). Mentre combattono i 250 miliardi di titani che escono dalla prigionia, gli dei periscono tutti tranne Zeus. Teseo e Iperione intanto stanno combattendo e Teseo sembra avere la peggio, ma in punto di morte riesce a uccidere il re. Dopo aver fatto franare il monte Tartaro, Zeus con il corpo della morente Atena in braccio torna sull' Olimpo, portando con se anche Teseo. Dopo alcuni anni, vediamo Zeus, sotto forma di vecchio, predire un grande futuro ad Acamante, il figlio di Teseo e Fedra."
Detto questo, mi sono dovuta trattenere dal mettere svariati punti interrogativi ovunque.
Non saprei proprio da dove partire, perciò direi di cominciare dalla base. GLI DEI NON MUOIONO! Così come non muoiono i titani. Se i titani potessero morire non avrebbe avuto senso rinchiuderli nel Tartaro, sarebbe bastato trucidarli alla loro sconfitta.
Detto questo, sono comunque sconcertata dalla marea di errori di questo film.
Nel film ci sono molti richiami al Minotauro e al mito del del labirinto, perciò mi sembra doveroso raccontarlo. Minosse (non Iperione) era il re di Cnosso (non di Iraklion, che è la attuale capitale di Creta, ma ho qualche dubbio che all'epoca esistesse) sposato con Pasifae. Minosse chiese un giorno a Poseidone un bellissimo toro per poterglielo sacrificare e Poseidone glielo inviò. Il toro era però così bello che a Minosse dispiacque sacrificarlo e non lo fece. Adirato Poseidone chiese ad Afrodite che facesse innamorare Pasifae del toro. La donna, travestitasi da giumenta, riuscì a procreare il Minotauro, che fu rinchiuso nel labirinto ideato da Dedalo. Minosse e Pasifae avevano altre due figlie però, Arianna e Fedra (che NON era una sibilla!!!). Il mito del Minotauro non è solo un mito, vuole anche mostrare la situazione storica dell'epoca: quando i Micenei avevano il dominio del mare (thalassocrazia), avevano anche il potere di tassare Atene, con la fioritura militare di Atene (personificata da Teseo) la società minoica fu subordinata. Dunque Atene, il cui re era Egeo, era tassata da Cnosso, che chiedeva ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle. Teseo (che NON è un povero contadino bastardo, ma il figlio del re di Atene!!!) decise per il bene della sua città di partire per uccidere il Minotauro. Giunto a Creta, Arianna si innamorò di lui e gli diede un gomitolo con il quale poter uscire dal labirinto. Teseo uccise il Minotauro e prese con sé Arianna. Invece di sposarla però, la abbandonò su un' isola sperduta, Nasso (da qui il termine "piantare in (n)asso"), dove poi la raggiunse Bacco che, dopo averla abbandonata anche lui, la fece diventare una costellazione ("Corona boreale"). Teseo tornò ad Atene dove, divento re (il padre, avendolo creduto morto si era gettato in mare da una rupe, da qui "mar Egeo"), sposò la sorella di Arianna, Fedra. Teseo e Fedra hanno due figli, Acamante e Demofonte (che nel film è scomparso). Teseo aveva avuto un figlio, Ippolito, dalla regina delle Amazzoni, Ippolita. A causa della tracotanza di quest'ultimo, Afrodite fece innamorare di lui Fedra, la matrigna. Dopo avergli rivelato il suo amore e avere scoperto di non essere contraccambiata, Fedra si suicida gettando la colpa su Ippolito che l'avrebbe stuprata. Teseo allora chiede l'aiuto di Poseidone che lo fa travolgere dai suoi stessi cavalli, mentre sta andando in esilio.
NON è attestato in nessun mito che Teseo sia entrato a far parte della cerchia degli dei nell'Olimpo.
Gli dei NON sono cinque o sei come mostrano, tra i più famosi dimenticati annoveriamo: Afrodite, Era, Efesto, Dioniso, Ade, Hermes, Artemide,Demetra, Persefone, senza parlare di quelle che sono considerate come divinità secondarie nel pantheon, come le Muse, le Erinni, Tiche, Zefiro, etc...
I titani NON sono miliardi, ma solo dodici, sei maschi (Oceano, Ceo, Giapeto, Crio, Crono e IPERIONE!!!!) e sei femmine (Teia, Rea, Mnemosine, Febe, Teti e Temi).
Infine, l' "Iliade" attesta che gli dei possono essere feriti ma non uccisi e che sono soliti intervenire nelle questioni umane. (L'unico momento in cui Zeus proibisce l'intervento divino in favore degli uomini è nel caso di Prometeo, che non viene ucciso <chissà come mai?!?> ma incatenato ad una montagna con un aquila che ogni giorno gli mangia il fegato che ricresce di notte.)
domenica 25 novembre 2012
venerdì 23 novembre 2012
Medea - Euripide
Sempre per quello che riguarda i classici, voglio proporvi tre tragedie greche abbastanza famose: Medea, Antigone e Fedra. Sono anche esse vecchie relazioni, sempre al 50% con l'amica della Pro Ligario. Originariamente questa relazione nasce come confronto tra le tre, io però preferisco separarvele, partendo della tragedia che più mi è piaciuta in assoluto: Medea. Non sprecherò parole nel dirvi quanto mi sia piaciuto, vi lascerò solamente leggere.
MEDEA
Trama: Dopo aver aiutato Giasone a conquistare il vello d'oro, Medea si trasferisce a Corinto insieme al marito e ai due figli. Dopo alcuni anni però Giasone decide di ripudiarla per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto. Creonte allora spaventato dalla disperazione di Medea e sospettando una possibile vendetta, le ordina di lasciare la città. Medea però ottiene di restare in città ancora un giorno così da attuare la propria vendetta. Fingendosi rassegnata manda in dono a Creusa, figlia di Creonte e futura sposa di Giasone, una ghirlanda e una veste avvelenate. La ragazza indossatele muore tra atroci tormenti e la stessa sorte tocca a Creonte, accorso per aiutarla. A quel punto Giasone accorre per salvare almeno i suoi figli, ma appare Medea sul carro alato del dio Sole, che gli mostra i cadaveri dei figli che lei ha ucciso, così da privare il marito di una discendenza. Nel finale la donna vola verso Atene lasciando il marito a maledirla.
Etimologia: Il nome di Medea deriva dal verbo greco "μεδομαι" cioè "escogitare, macchinare, fare artifici" ed è il preludio alla complessità della vendetta della donna.
Analisi dei personaggi principale:
La figura di Medea presenta molteplici sfaccettature. Può essere vista come famosa e vendicativa, come vittima di sentimenti interni incontrollabili e contrastati, o anche come moglie addolorata per l'abbandono del marito. La complessità della psiche di questa si trova nel contrasto tra razionalità e passione che la rende debole e forte allo stesso tempo. E' debole perchè intenzionata a distruggere il suo passato e tutto ciò che lo rappresenta, forte perchè padrona della sua vita e non disposta a piegarsi al volere altrui. I sentimenti contrastanti sono evidenti nel momento in cui Medea è combattuta tra il desiderio di vendicarsi di Giasone uccidendo i figli e il senso di maternità risparmiandoli.
La figura di Giasone assume connotati negativi; egli è egoista, presuntuoso e meschino. E' egoista perchè non esita per sete di potere a ripudiare una donna che per lui aveva rinunciate alla sua famiglia. E' presuntuoso perchè crede si essere molto abile nell'arte oratoria. E' meschino perchè con essa cerca di giustificare il tradimento.
Azioni e conseguenze sulla stirpe:
Il caso più eclatante in cui le azioni di un personaggio ricadono sul γενος, la stirpe, è quello di Medea. La sua vendetta infatti porta la morte dei figli.
Ruolo dell' opinione pubblica:
L'opinione pubblica in Medea è un continuo stimolo a proseguire nei suoi propositi. Preferisce infatti essere infanticida piuttosto che essere oggetto di scherno a causa del tradimento.
Tematiche: La straniera.
Medea è nello stesso tempo sia una donna che una straniera e quindi duplicemente esclusa dalla società. Nonostante sia lei la barbara è il personaggio che denota più razionalità, poichè contrappone alla superficialità e all'inconsistenza dell' oratoria di Giasone la sua logica. In Euripide Medea diviene emblema del rifiuto dei valori della società greca. Per quest'ultima Medea, come donna, non esiste: la donna infatti era figlia, poi moglie e madre, mai semplicemente una donna. Viveva nel gineceo ed era soggetta all' "auctoritas" del "pater familias". Oltre ad essere donna, Medea è anche una straniera, e, come tutti gli stranieri, esclusa dalla società.
MEDEA
Trama: Dopo aver aiutato Giasone a conquistare il vello d'oro, Medea si trasferisce a Corinto insieme al marito e ai due figli. Dopo alcuni anni però Giasone decide di ripudiarla per sposare la figlia di Creonte, re di Corinto. Creonte allora spaventato dalla disperazione di Medea e sospettando una possibile vendetta, le ordina di lasciare la città. Medea però ottiene di restare in città ancora un giorno così da attuare la propria vendetta. Fingendosi rassegnata manda in dono a Creusa, figlia di Creonte e futura sposa di Giasone, una ghirlanda e una veste avvelenate. La ragazza indossatele muore tra atroci tormenti e la stessa sorte tocca a Creonte, accorso per aiutarla. A quel punto Giasone accorre per salvare almeno i suoi figli, ma appare Medea sul carro alato del dio Sole, che gli mostra i cadaveri dei figli che lei ha ucciso, così da privare il marito di una discendenza. Nel finale la donna vola verso Atene lasciando il marito a maledirla.
Etimologia: Il nome di Medea deriva dal verbo greco "μεδομαι" cioè "escogitare, macchinare, fare artifici" ed è il preludio alla complessità della vendetta della donna.
Analisi dei personaggi principale:
La figura di Medea presenta molteplici sfaccettature. Può essere vista come famosa e vendicativa, come vittima di sentimenti interni incontrollabili e contrastati, o anche come moglie addolorata per l'abbandono del marito. La complessità della psiche di questa si trova nel contrasto tra razionalità e passione che la rende debole e forte allo stesso tempo. E' debole perchè intenzionata a distruggere il suo passato e tutto ciò che lo rappresenta, forte perchè padrona della sua vita e non disposta a piegarsi al volere altrui. I sentimenti contrastanti sono evidenti nel momento in cui Medea è combattuta tra il desiderio di vendicarsi di Giasone uccidendo i figli e il senso di maternità risparmiandoli.
La figura di Giasone assume connotati negativi; egli è egoista, presuntuoso e meschino. E' egoista perchè non esita per sete di potere a ripudiare una donna che per lui aveva rinunciate alla sua famiglia. E' presuntuoso perchè crede si essere molto abile nell'arte oratoria. E' meschino perchè con essa cerca di giustificare il tradimento.
Azioni e conseguenze sulla stirpe:
Il caso più eclatante in cui le azioni di un personaggio ricadono sul γενος, la stirpe, è quello di Medea. La sua vendetta infatti porta la morte dei figli.
Ruolo dell' opinione pubblica:
L'opinione pubblica in Medea è un continuo stimolo a proseguire nei suoi propositi. Preferisce infatti essere infanticida piuttosto che essere oggetto di scherno a causa del tradimento.
Tematiche: La straniera.
Medea è nello stesso tempo sia una donna che una straniera e quindi duplicemente esclusa dalla società. Nonostante sia lei la barbara è il personaggio che denota più razionalità, poichè contrappone alla superficialità e all'inconsistenza dell' oratoria di Giasone la sua logica. In Euripide Medea diviene emblema del rifiuto dei valori della società greca. Per quest'ultima Medea, come donna, non esiste: la donna infatti era figlia, poi moglie e madre, mai semplicemente una donna. Viveva nel gineceo ed era soggetta all' "auctoritas" del "pater familias". Oltre ad essere donna, Medea è anche una straniera, e, come tutti gli stranieri, esclusa dalla società.
giovedì 15 novembre 2012
mercoledì 14 novembre 2012
Pro Ligario - Marco Tullio Cicerone
Per i classici fare una recensione decente è difficile. Dire qualcosa che non è stato ancora detto è difficile, d'altro canto se devo essere superficiale, tanto vale che non scriva. Così vi propongo la mia relazione sulla Pro Ligario, per dire tutto quello bisogna dire... Per correttezza vi dirò che non è tutta farina del mio sacco, 50 e 50 con una mia amica.
“Homines enim ad deos nulla re
propius accedunt quam salutem hominibus dando.”[1]
Un esempio di oratoria salvifica
La “Pro Ligario” è un’ orazione di difesa composta da Marco
Tullio Cicerone nel novembre del 46 per il processo di Quinto Ligario. La causa
vedeva alla difesa Cicerone e all’accusa Quinto Elio Tuberone. Al posto dei
comizi centuriati o del tribunale permanente, come giudice, vediamo Gaio Giulio
Cesare, appena diventato dittatore e quindi con poteri plenari, compreso quello
giudiziario, che acconsentì allo svolgimento del processo nonostante non fosse
consentito per accuse di tal genere (Tuberone, accusando Ligario di alto
tradimento, ne chiedeva infatti la pena di morte) essendo assente l’imputato, esiliato
in Africa.
Finora abbiamo trattato della causa per la quale si svolse
quest’orazione, ma che cos’è un’orazione?
“Oratoris officium est de iis rebus posse
dicere quae res ad usum civilem moribus et legibus constitutae sunt, cum
adsensione auditorum quoad eius fieri poterit.”[2]
L’oratoria a Roma arrivò dalla Grecia, con l’apertura di
scuole di retorica, e si sviluppò come strumento di confronto politico e fu, in
un primo tempo, strettamente legata ai discorsi tenuti in senato o durante i
cortei funebri. Con le istituzioni dei tribunali permanenti nel II secolo a.C.
si sviluppò l’oratoria giudiziaria. L’oratoria fondava la base della formazione
del giovane cittadino romano che doveva essere ispirato ad un conservatorismo
politico umanizzato e non freddamente impersonale. Successivamente l’oratoria
divenne un fenomeno letterario e possiamo enumerare svariate pubblicazioni
oltre che manuali di retorica, in cui vengono approfonditi i generi delle cause
giudiziarie, i modi in cui trattarli, gli stili da usare, le maniere per
accattivarsi il pubblico e le cinque operazioni fondamentali della tecnica
retorica.
Queste sono: inventio,
dispositio, elocutio, memoria e actio.
Per inventio si
intende il reperimento degli argomenti su cui si basa il discorso, mentre la dispositivo è la collocazione di questi
argomenti secondo un preciso ordine. L’elocutio
è l’elaborazione formale e stilistica del discorso, invece le tecniche di
apprendimento mnemonico sono chiamate memoria,
infine l’actio consiste nella messa
in scena del discorso da parte dell’oratore, con l’ausilio della gestualità e
della adeguata dizione.
Un’ orazione, per essere chiamata tale, deve poter essere
divisa in: exordium, narratio,
argumentatio (costituito da confirmatio
e confutatio) e peroratio.
“Novum crimen, Gai Caesar, et ante hanc
diem non auditum propinquus meus ad te Quintus Tubero detulit, Quintum Ligarium
in Africa fuisse ” [3]
E’ questo l’ exordium
della “Pro Ligario”, cioè la parte introduttiva in cui l’oratore si preoccupa
di suscitare l’attenzione dell’uditorio. L’exordium
presenta un’ alta componente psicologica ed è la parte più delicata del
discorso. Gli exordia possono essere
di due tipi: diretto o indiretto. L’exordium
diretto “si ha quando ci rendiamo
immediatamente propizio all’ascolto l’animo dell’uditorio”[4]
mentre quello indiretto si ha quando si parla brevemente dell’argomento
trattatocercando di rendere il pubblico propizio mediante la
dissimulazione degli intenti. In alcune cause gli oratori possono decidere di
non avvalersi dell’exordium e in sua
vece citare una legge
favorevole. Bisogna che l’oratore curi in maniera particolare l’esordio perché
sbagliandolo diviene inefficace se non controproducente. E’ necessario che l’exordium sia scelto in base alla
tipologia della causa da trattare, che può essere honestus, turpe, dubium e humile.[5]
Una causa si definisce onorevole “cum aut defendimus quod ad omnibus defendendum videtur, aut
oppugnabimus quod ad omnibus videtur oppugnari debere.”[6]
mentre si definisce turpe “cum aut
honesta res oppugnatur aut defenditur turpis.”[7].
E’ incerta una causa “cum habet in se causa et honestatis et
turpitudinis partem”[8] invece è
umile “cum comtrempta res adfertur.”[9]
Il processo a Ligario è una causa considerata turpe e per
questo vediamo che Cicerone usa un exordium
indiretto e pone l’accento sull’accusatore che non solo presenta in
tribunale un’accusa nuova e mai sentita, ma lui stesso se ne è macchiato.
Gli argomenti dell’ esordio possono essere quattro:
l’avversario, come fa Cicerone, l’oratore, gli ascoltatori oppure i fatti.
L’oratore partendo dall’avversario dovrebbe attirare su di
lui odio, disprezzo e invidia, mentre dovrebbe lodare le proprie azioni senza
arroganza e ricordare la passata condotta per ottenere la benevolenza
dell’uditorio. Se invece cominciasse dagli ascoltatori dovrebbe rimarcarne
saggezza e nobiltà, se dai fatti dovrebbe lodare la propria causa gettando
discredito su quella dell’avversario.
“Quintus enim Ligarius, cum esset nulla
belli suspicio, legatus in Africam C. Considium profectus est… Bellum subito
exarsit quod qui erant in Africa ante audierunt geri quam parari… Interim
P.Attiu Varus qui praetor Africam obtinuerat, Uticam venit… adripuit imperium…
Itaque Ligarius qui omne tale negotium fugeret, paulum adeventu Vari conquievit
.”[10]
Questi sono brevi estratti della narratio, che consiste in una breve esposizione di fatti e
antefatti, dove vediamo ripercorsi i passi di Ligario in Africa, che inviato lì
come luogotenente di Considio, alla morte di questo, ne viene messo a capo per
volere delle province, lui che non desiderava questo incarico. Infatti,
all’arrivo del pretore Varo, gli cede il comando, riuscendo ad ottenere un po’
di tranquillità.
A questo punto Cicerone passa all’argumentatio.
“ Adhuc, Gai Caesar, Quintus Ligarius omni cupla vacat… profectio voluntatem habuit non turpem, remansio necessitatem etiam honestam…quod post adventum Vari in Africa restitit, si est criminosum, necessitatis crimen est, non voluntatis…Vide quam non reformidem, quanta lux liberalitatis et sapientiae tuae mihi apud te dicenti oboriatur…”[11]
“ Adhuc, Gai Caesar, Quintus Ligarius omni cupla vacat… profectio voluntatem habuit non turpem, remansio necessitatem etiam honestam…quod post adventum Vari in Africa restitit, si est criminosum, necessitatis crimen est, non voluntatis…Vide quam non reformidem, quanta lux liberalitatis et sapientiae tuae mihi apud te dicenti oboriatur…”[11]
L’argomentatio è
la dimostrazione della propria tesi (confirmatio)
e la successiva demolizione della tesi avversaria (confutatio).
Nei passi riportati vediamo la confirmatio, nella quale Cicerone afferma che la colpa di Ligario è
involontaria. Sarebbe infatti partito per necessità e per altrettanta necessità
sarebbe stato messo a capo dell’Africa e sarebbe rimasto dopo l’arrivo di Varo.
Ligario infatti avrebbe preferito tornare a Roma dalla sua famiglia invece di
rimanere da solo a Utica, non è mai stato ostile a Cesare ma si è trovato per
necessità nello schieramento opposto.
Cicerone fa anche leva sulla generosità e sulla humanitas di Cesare, al quale rivolge
una degna captatio benevolentiae.
“Nempe is qui et ipse in eadem provincia esse voluit et prohibitum se a Ligario queritur, et certe contra ipsum Casarem est congressus armatus. Quid enim tuus ille, Tubero, destrictus in acie Pharsalica gladius agebat?...Arguis fatentem. …accusas eum qui causam habet aut (…) meliorem quam tu, aut (…) parem. …non habet eam vim ista accusatio ut Quintus Ligarius condemnetur, sed ut necetur… externi sunt isti mores…Non tu hunc ergo patria privare, quo caret, sed vita vis…<<Cave ignoscas!>>Haec nec hominis nec ad hominem vox est; qua qui apud te, Gai Caesar, utetur, sua citius abiciet humanitatem quam extorquebit tuam.”[12]
“Nempe is qui et ipse in eadem provincia esse voluit et prohibitum se a Ligario queritur, et certe contra ipsum Casarem est congressus armatus. Quid enim tuus ille, Tubero, destrictus in acie Pharsalica gladius agebat?...Arguis fatentem. …accusas eum qui causam habet aut (…) meliorem quam tu, aut (…) parem. …non habet eam vim ista accusatio ut Quintus Ligarius condemnetur, sed ut necetur… externi sunt isti mores…Non tu hunc ergo patria privare, quo caret, sed vita vis…<<Cave ignoscas!>>Haec nec hominis nec ad hominem vox est; qua qui apud te, Gai Caesar, utetur, sua citius abiciet humanitatem quam extorquebit tuam.”[12]
La confutatio copre un maggior numero di capitoli della confirmatio per la tipologia del processo , che è turpe e non può trovare molti argomenti a favore. Di conseguenza l’oratore si dedica a demolire davanti al giudice la figura e le parole dell’accusatore.
Tuberone accusa Ligario per vendetta, quello infatti gli
impedì lo sbarco in Africa, e Cicerone rimarca su questo fatto mettendo in
risalto l’appartenenza dell’accusatore alla stessa fazione dell’accusato.
Tuberone, pompeiano, ha combattuto contro Cesare a Farsalo e successivamente ha
ottenuto il perdono del dittatore. Cicerone, retoricamente, si chiede come
Tuberone possa accusare qualcun altro del suo stesso crimine dopo essere stato
salvato. Cicerone afferma quindi che l’accusatore non vuole una giusta
punizione, ma la morte di Ligario e quindi esorta Cesare a non ascoltare
Tuberone in quanto le sue parole sarebbero bestiali e non degne di un essere
umano.
“An potest quisquam dubitare quin, si Quintus Ligarius in Italia esse potuisset, in eadem sententiam futurus fuerit in qua fratres fuerunt?... Sed ierit ad bellum, dissenserit non a te solum, verum etiam a frati bus; hi te orant tui. ...tantum te admonebo, si illi absenti salutem dederis, praesentibus te his daturum.”[13]
“An potest quisquam dubitare quin, si Quintus Ligarius in Italia esse potuisset, in eadem sententiam futurus fuerit in qua fratres fuerunt?... Sed ierit ad bellum, dissenserit non a te solum, verum etiam a frati bus; hi te orant tui. ...tantum te admonebo, si illi absenti salutem dederis, praesentibus te his daturum.”[13]
L’ultima parte di un’orazione è la peroratio, cioè il riepilogo dei fatti e dei principali argomenti a
favore della propria tesi. In questa peroratio
vediamo l’uso da parte di Cicerone della deprecatio,
cioè una tecnica che “utemur
cum fatebimur nos peccasse, neque id inprudentes aut fortuito aut necessario
fecisse dicemus, et tamen ignosci nobis postulabimus.”[14].
L’uso di questa tecnica è dovuto alla natura della causa, che essendo turpe e
riconosciuta, non può trovare giustificazioni.
Inoltre l’oratore pone l’accento sulla humanitas del giudice e sugli affetti dell’esiliato e dei suoi
fratelli che preferirebbero essere in esilio con lui, piuttosto che a Roma da
soli. Cicerone ribadisce quindi che il giudice non deciderà solamente del
destino di Quinto Ligario, ma di quello di tutti i tre fratelli.
CONCLUSIONE: Cesare che inizialmente aveva
concesso il ritorno in patria di Ligario, alla accusa di Tuberone è già deciso
per la condanna a morte. L’orazione di Cicerone però riesce a tentarlo e alla
fine Cesare grazierà Ligario.
[5] Onorevole,
turpe, incerta e umile.
La sua decisione gli si ritorcerà contro: Ligario sarà uno
dei congiurati che alle Idi di marzo del 44 accoltellerà Cesare all’entrata del senato.
Le orazioni
cesariane: PRO LIGARIO e PRO MARCELLO
a confronto
Le orazioni cosiddette “cesariane” sono tre: “Pro Marcello”,
“Pro Ligario” e “Pro rege Deiotaro”.
La “Pro Marcello” in realtà non è un’orazione difensiva ma
una gratiarum actio, cioè un’
orazione di ringraziamento per Cesare, che ha perdonato pubblicamente il suo
antico avversario e gli ha concesso il ritorno in patria.[15].
Marcello era un esponente della nobiltà senatoria e uno dei più forti
oppositori di Cesare, anche prima dello scoppio della guerra civile. Dopo la
battaglia di Farsalo, Marcello si ritirò in esilio volontario a Mitilene,
sdegnandosi di chiedere il perdono di Cesare e fu solo su insistenza di
Cicerone, vecchio amico e compagno di studi, e del fratello Gaio, che si
risolse a chiedere il ritorno a Roma. Cesare che vedeva in Marcello un punto di
riferimento per i pompeiani attivi e un nuovo Catone, non volendo renderlo un
martire, gli concesse la grazia.
L’orazione di Cicerone è una lode a Cesare, di cui viene
esaltata la clementia, la mansuetudo, il modus, la sapientia, la iustitia, la lenitas e l’aequitas, la liberalitas e la misericordia. Queste virtù non devono essere circoscritte alla vita
politica, ma estese anche alla vita civile, e devono essere possedute da colui
che ha responsabilità politiche. Cesare è considerato da Cicerone una persona
eccezionale, quasi divina, perché le possiede entrambe ed è quindi il solo a
poter ricostruire la res publica.
Cesare infatti concedendo il perdono a Marcello non gli permette solo di
ritornare in patria, ma lo reintegra nei suoi diritti civili e politici,
restituendo anche l’auctoritas al
senato. L’idea di res publica di
Cicerone era di uno stato come bene comune a cui tutti assoggettassero
l’interesse individuale e quindi si illude che Cesare possa portare una
condizione dove dittatore e senato collaborino. Quest’ultima convinzione viene
alimentata dalla clementia del
giudice, che non si impone sui vinti, ma ricerca la pace, smentendo la
condizione stessa della guerra.
L’oratore infatti privilegia la gloria civile a quella
militare e in questa orazione tenta di suggerire a Cesare come comportarsi. Il
comportamento di Cicerone, che molti considerano ipocrita, può essere
interpretato anche come un abbandonarsi alla gioia per il vedere il proprio
ideale di stato sul punto di realizzarsi. Quella di Cicerone è però soltanto
un’ illusione, perché è vero che Cesare restituisce auctoritas al senato, ma nello stesso tempo vi inserisce i suoi
fedelissimi, togliendo quindi potere effettivo.
Nella “Pro Ligario” vediamo invece
un minor entusiasmo di Cicerone, dovuto al fatto che egli vede che la sua
influenza su Cesare non è grande come aveva ritenuto. Infatti se Cesare in un
primo momento aveva accettato la richiesta del rientro in patria di Ligario,
dopo l’accusa di Tuberone, è indisposto nei confronti dell’esiliato. Avendo
accettato la causa di Tuberone, il dittatore ha respinto la tesi di Cicerone dell’
error humanus, secondo la quale le
fazioni di cesariani e pompeiani erano sullo stesso piano, entrambe volevano il
bene dello Stato, e Cesare avrebbe vinto grazie all’aiuto divino che pervadeva
la sua causa, quindi i seguaci di Pompeo si sarebbero uniti a lui per un errore
dovuto alla natura fallibile dell’uomo. L’oratore quindi rimarca questa tesi,
oltre a quella dello stato come bene comune a cui bisogna sottomettere i propri
interessi e nel farlo usa Ligario come paradigma; egli infatti è andato in
Africa sotto ordine del senato e lì è rimasto, nonostante volesseritornare in patria, per
attaccamento al suo officium[16].
Solo in seguito Ligario sarebbe passato nella fazione dei pompeiani a causa di
quell’ error compiuto da tutti i
compagni.
Il novum crimen [17].di
Ligario non è nuovo in sé stesso, ma è un termine ironico che Cicerone usa per
mostrare la novità di un processo legale assoggettato ad una giustizia non
imparziale.
“Si in tanta tua fortuna lenitas tanta non
esset, quam tu per te, per te, inquam, obtines…acerbissimo luctu redendaret
ista victoria.”[18].
Bibliografia:
- “Le
orazioni”, Cicerone, Utet ,1978, volume IV
- “Institutio
oratoria” , Quintiliano, Utet, 1978
-
“Rhetorica
ad Herennium”, Harvard University Press, 1954, London
-
“Orator”,
Cicerone
-
“Le
belles lettres”, Paris
- “Orazioni
cesariane”, Marco Tullio Cicerone, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1997
- “Novae
voces – Cicerone” , Marino Menghi, edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 2007
- “Esperienze
di traduzione” , Melloni-Giardina, Zanichelli, 2006
[1] “Gli uomini infatti non sono più vicini agli dei in nessuna altra azione che concedendo la salvezza ad altri uomini.” Pro Lig., XII, 23.
[2] “Il dovere di un oratore è di discutere abilmente riguardo agli argomenti che le usanze e le leggi costituito per l’uso civile, per assicurarsi il più possibile l’assenso del suo uditorio.”
Rhetorica ad Herennium, I.I, I-II
[3] “O Cesare, Quinto Tuberone, mio parente, ha sporto contro di te un nuova accusa mai udita prima di questo giorno, che Quinto Ligario è stato in Africa…”
Pro Lig., I, 1.
[4] Rhetorica ad Herennium I, 6
[6] “…quando
difendiamo ciò che a tutti sembra essere degno di difesa, o quando accusiamo
ciò che a tutti pare doversi accusare.”
Rhetorica ad Herennium I, 7-11
[7] “…quando
un’azione onorevole viene accusata o una disonorevole viene difesa” Rhetorica
ad Herennium I, 7-11
[8] “…quando è
parte onorevole, parte turpe”
Rhetorica ad Herennium I, 7-11
[9] “…quando la
materia di cui si tratta è considerata di poca importanza” Rhetorica ad
Herennium I, 7-11
[10] “ Infatti
Quinto Ligario non essendoci alcun sospetto di guerra fu mandato in Africa come
luogotenente di Gaio Considio…. La guerra divampò all’improvviso e coloro che
si trovavano in Africa udirono i combattimenti prima che i preparativi… Intanto
Publio A. Varo che aveva ottenuto l’Africa come pretore giunse ad Utica…
afferrò il potere… Perciò Ligario che fuggiva da ogni situazione tale, con
l’arrivo di Varo ottenne un po’ di tranquillità.”
Pro Ligario, II, 2-3
[11] “Fino ad
ora, o Gaio Cesare, Quinto Ligario è esente da ogni colpa…la partenza ha avuto
una volontà non offensiva, il suo essere rimasto una necessità addirittura
onorevole…per il fatto che è rimasto in Africa dopo l’arrivo di Varo, se è
degno di imputazione, si tratta di una imputazione dettata dalla necessità e
non dalla volontà… Vedi come io non abbia paura, quanto sia grande la luce
della tua generosità e saggezza che sorge in me mentre parlo davanti a te.”
Pro Ligario III, 4-6
[12] “Appunto colui che anche lui volle essere nella stessa provincia e si lamenta di essere stato tenuto lontano da Ligario e certamente si è scontrato in armi contro lo stesso Cesare. Che cosa infatti, o Tuberone, faceva quella tua spada sguainata nella battaglia a Farsalo…. Tu accusi un reo confesso…. Accusi colui che ha una causa o migliore della tua(…)o(…) uguale… questa accusa non ha una forza tale da far condannare Ligario, ma da farlo uccidere…questi costumi sono forestieri…non vuoi privare costui della patria, della quale è privo, ma della vita….<<Guardati dal perdonare!>> Ma questa parola né è di un uomo né per un uomo; ma colui che impiegherà questa parola presso di te, o Cesare, distruggerà la sua humanitas prima di queando eliminerà la tua.” Pro Ligario IV, 9,16
[12] “Appunto colui che anche lui volle essere nella stessa provincia e si lamenta di essere stato tenuto lontano da Ligario e certamente si è scontrato in armi contro lo stesso Cesare. Che cosa infatti, o Tuberone, faceva quella tua spada sguainata nella battaglia a Farsalo…. Tu accusi un reo confesso…. Accusi colui che ha una causa o migliore della tua(…)o(…) uguale… questa accusa non ha una forza tale da far condannare Ligario, ma da farlo uccidere…questi costumi sono forestieri…non vuoi privare costui della patria, della quale è privo, ma della vita….<<Guardati dal perdonare!>> Ma questa parola né è di un uomo né per un uomo; ma colui che impiegherà questa parola presso di te, o Cesare, distruggerà la sua humanitas prima di queando eliminerà la tua.” Pro Ligario IV, 9,16
[13] “Forse che qualcuno potrebbe dubitare che se Quinto Ligario avesse potuto rimanere in Italia, sarebbe stato dello stesso parere del quale furono i fratelli? … Ma ammettiamo pure che egli sia andato alla guerra, che abbia dissentito non solo da te ma anche dai fratelli; questi ti pregano. … ti ricorderò soltanto che se darai la salvezza a quello assente la concederai anche a questi presenti.” Pro Ligario XII; 34-38
[14] Usiamo la deprecatio quando confessiamo il crimine e diciamo che abbiamo fatto ciò sconsideratamente non in modo casuale né necessario, e poi chiediamo che ci sia perdonato. Rhetorica ad Herennium, II, XVI-XVII
[15] In realtà Marcello non rientrerà mai a Roma , ma sarà misteriosamente assassinato sulla via del ritorno.
[16] An ille si potuisset illinc ullo modo evadere, Uticae quam Romae, cum Publius Attio quam cum concordissimis fratribus, cum alienis esse quam cum suis maluisset? “ E se quello avesse potuto evadere da lì in alcun modo, avrebbe preferito a Utica piuttosto che Roma, avrebbe preferito con Publio Azzio piuttosto che con i fratelli molto concordi, avrebbe preferito essere con altri piuttosto che con i suoi?” Pro Ligario, II, 5
[15] In realtà Marcello non rientrerà mai a Roma , ma sarà misteriosamente assassinato sulla via del ritorno.
[16] An ille si potuisset illinc ullo modo evadere, Uticae quam Romae, cum Publius Attio quam cum concordissimis fratribus, cum alienis esse quam cum suis maluisset? “ E se quello avesse potuto evadere da lì in alcun modo, avrebbe preferito a Utica piuttosto che Roma, avrebbe preferito con Publio Azzio piuttosto che con i fratelli molto concordi, avrebbe preferito essere con altri piuttosto che con i suoi?” Pro Ligario, II, 5
[17] Usando la parola crimen e avvalendosi della tecnica della deprecatio Cicerone pone le azioni di Ligario sotto una luce negativa, senza che esse lo siano realmente, ma in base ad una giustizia di parte.
[18] “Se nella tua tanta fortuna non ci fosse tanta mitezza, che tu conservi grazie a te, grazie a te dico… questa vittoria sarebbe piena di un durissimo dolore.” Pro Ligario V, 15
Film: Biancaneve e il cacciatore
"Biancaneve e il cacciatore" 2012
Regia di: Rupert Sanders
Con Kristen Stewart (Biancaneve), Chris Hemsworth (il cacciatore) e Charlize Theron (la regina cattiva).
Ero molto indecisa su come iniziare questa parte del blog, volevo iniziare con un film che mi fosse piaciuto veramente, ma a quanto pare la mia vena polemica esce fuori sempre. Ho visto al cinema questo film, se possiamo dargli questo appellativo. In sala quattro gatti e già questo doveva farmi capire che era meglio infilarsi da Spiderman, ma ormai avevo comprato il biglietto.
Tipico inizi da fiaba: la regina ha una bambina, la regina muore, il re è devastato.
1º battaglia epica contro cavalieri sconosciuti, troviamo una bellissima donna prigoniera, liberata dal re. La donna il giorno seguente sposa il re, ammaliato dalla sua bellezza, e la prima notte di nozze lo pugnala raccontando parte della sua storia personale che ci fa presupporre un' ampia caratterizzazzione dei personaggi. ( Supposizione sbagliata )
Bianca cara è rinchiusa in una torre per almeno una decina d' anni (passati tutti senza doccia a giudicare le condizioni in cui la troviamo il giorno del suo diciottesimo compleanno quando la regina scopre che toccando il suo cuore sarà giovane per sempre.)
Bianca scappa con l' ausilio di un chiodo che per dieci anni era stato lì, indisturbato.
E per la prima volta in dieci anni riesce a farsi una doccia (dentro una cascata, ma sempre una doccia è). Peccato che dopo dieci secondi netti finisca in una pozza di fango. Peccato. Nella fuga si addentra nella foresta oscura dove , non sappiamo per quali arcani motivi, i poteri della regia non funzionano. Così entra in gioco Thor (mi dipiace ma in due ore di film lo hanno chiamato solo "cacciatore", sono dovuta andare su wiki per scoprire che il personaggio si chiama Eric. E io per ripicca lo chiamo Thor), un vedovo uriacone il cui unico desiderio è riavere la moglie. Ingannato dalla regina, alla fine decide di andarsene con Bianca.
All' intervallo già stavo pensando di organizzare una colletta tra i quattro spettatori in sala per comprare al regista e allo sceneggiatore almeno sette nanetti da giardino in ceramica, ma poi mi sono dovuta ricredere. I nani ci sono, anche se secondo me sono perfettamente inutili.
A un certo punto ritroviamo anche l'amico d' infanzia di Bianca, William, che sembra sia essere l'unico con un nome normale. (la regina si chiama Ravenna. Ci manca solo che abbia una sorella Riccione e l'altra Rimini e poi abbiamo fatto la riviera!)
Bianca la pura e candida sta andando a porsi a capo della resistenza quando si fermano in una innevata radura. Qui Bianca e Will rivivono i vecchi tempi e vediamo la palese attrazione tra i due quando lei lo bacia (e tu pensi : ma scusa, e il cacciatore? Non che mi stia simpatico, ma ...). Lui come ai vecchi tempi le porge una mela. (e qui ti sorge una domanda: capisco che siamo nelle favole ma lui a dicembre senza una serra a portata di mano, da dove l' ha tirata fuori una mela?) Lei la mangia e soffoca perchè... la matrigna ha deciso che era già vecchia abbastanza e ha cambiato travestimento. Thor si alza e non vedendo più Bianca va a cercarla con il vero Will.Insieme riescono a scacciare la regina prima che pugnali Bianca ma lei è già morta avvelenata e a nulla serve il bacio di Will.
Nelle rimembranze di Thor sulla moglie defunta che tanto assomigli a Bianca ci scappa u bacio e lei, tanto pura ed innocente (su questo si bsa l'incantesimo della regina) da aver già ucciso almeno sette persone, si pone a capo dell' esercito e marcia sul castello.
Ora io non vorrei cercare sempre il pelo nell' uovo o fare la romantica stucchevole, ma tutto il risveglio della principessa è basato sul vero amore in teoria. Dov'è il vero amore tra due di cui una fino a tre secondi prima di morire stava baciando un altro e uno che la bacia, e salva, solo perchè gli ricorda la moglie? E che ne è del "si sposarono e vissero tutti felici e contenti"?
Una cosa l'ho capita uscendo dal multisala: era meglio se andavo a vedere Spiderman.
Rinnovamento...
Pagine bruciate non può rimanere solo un blog letterario. Non può per il semplice fatto che limitarmi a scrivere di libri è appunto questo: limitare. Pagine bruciate rimane, ma non tratterà solo di libri.
I libri rimarranno certo l' argomento principale, ma non sarà l'unico. Cinema, musica, attualità, programmi tv, qualunque cosa... Spero vi piaccia! Buona lettura!
P.S.
i primi post sui film vengono dal mio secondo blog "Pellicole abbandonate" che sto per chiudere.
I libri rimarranno certo l' argomento principale, ma non sarà l'unico. Cinema, musica, attualità, programmi tv, qualunque cosa... Spero vi piaccia! Buona lettura!
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